I disturbi dissociativi

La caratteristica clinica fondamentale delle sindromi che il DSM elenca nella categoria dei disturbi dissociativi è la perdita della continuità dell’esperienza soggettiva.
L’esperienza cosciente di sé è interrotta da ampie lacune amnesiche, da stati alterati di coscienza o di bruschi cambiamenti di condotta, di cui a posteriori il paziente ricorda poco o nulla.

Talora è conservata una certa continuità di memoria attraverso l’alternarsi rapido di condotte, impulsi e pensieri fra loro inconciliabili. A causa di tale alternanza, il paziente ha l’impressione che il fondamentale senso di continuità e unità del sé è minacciato o perduto.

Il caso più clamoroso di discontinuità della propria esperienza soggettiva e/o nella capacità di ricordarla e narrarla è rappresentato dal disturbo di personalità multiplo.
Nel DPM la continuità dell’esperienza cosciente è interrotta dall’emergere periodico di un’altra personalità che si impegna in azioni, pensieri e reminiscenze in cui il paziente ricorderà poco o nulla quando la personalità primaria riacquista il controllo.

Meno eclatante ma altrettanto evidente è la discontinuità dell’esperienza soggettiva che si verifica nella fuga psicogena.
Nella fuga psicogena la continuità della coscienza è interrotta da un improvviso e immotivato allontanamento dal proprio ambiente abituale di vita, durante il quale il paziente assume una nuova identità dimenticando la precedente.

Nell’amnesia psicogena un periodo della propria vita, troppo lungo perché si possa trattare di un’ordinaria dimenticanza, diventa impossibile da rievocare.

Nel disturbo da depersonalizzazione la discontinuità della coscienza e della memoria è incipiente o minacciata piuttosto che attuale. Il paziente ha l’impressione di essere completamente estraneo a sé stesso e all’ambiente che lo circonda.

La teoria sull’etiopatogenesi dei disturbi dissociativi vede susseguirsi la seguente sequenza di eventi patogeni e di reazioni ad essi:

  • un’esperienza precoce di attaccamento disorganizzato con almeno uno dei genitori;
  • la costituzione precoce, nel bambino, di modelli cognitivi multipli del sé come conseguenza di tale esperienza di attaccamento;
  • la predisposizione alla dissociazione della coscienza e della memoria come conseguenza di tale molteplicità di rappresentazioni di sé;
  • l’uso più facile della dissociazione come meccanismo di difesa di fronte a traumi
  • il susseguirsi di episodi di maltrattamento o violenza negli anni di formazione della personalità;
  • il riemergere in età adulta, della tendenza ad usare la dissociazione come strategia difensiva di fronte a difficoltà nella vita di relazione.

L’affidarsi ad un terapeuta che prenda in carico il paziente e la sua storia, “abbracciando” la complessità del problema, diviene di fondamentale importanza nel trattamento di questi disturbi.

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Bibliografia

  • “La discontinuità della coscienza, etologia, diagnosi e psicoterapia dei disturbi dissociativi”, a cura di Giovanni Liotti, ed. Franco Angeli, 1993.