I disturbi evolutivi specifici di apprendimento

“La conoscenza non può essere considerata principalmente qualcosa che la gente possiede in qualche luogo della testa, ma qualcosa che la gente produce, si scambia e negozia nel corso di attività che vedono impegnati più individui insieme”


Felice Carugati, Interazioni, conflitti, conoscenze, in “Prospettive sociogenetiche e sviluppo cognitivo” a cura di G. Gilli e A. Marchetti, Raffaello Cortina editore

Vi è un vasto consenso generale in ordine al fatto che i DSA abbiano una base neurobiologica; tuttavia vi è sicuramente anche una forte incidenza dei fattori ambientali, nel novero dei quali la scuola gioca un ruolo primario. In ambito italiano si usa il termine Disturbi Evolutivi Specifici di Apprendimento (DSA) per indicare “fragilità” nei processi neuropsicologici sottesi a competenze basilari per l’apprendimento e per la vita quotidiana quali leggere, scrivere, far di conto. Tali disturbi possono interferire anche su competenze di livello superiore come l’organizzazione mentale e il ragionamento astratto.
Con il termine inglese Specific Learning Disabilities (SLD) si indica un ventaglio più largo di problemi, che comprende i DSA ma non si esaurisce con essi, considerando anche l’orientamento nello spazio e nel tempo, la coordinazione, la percezione del sé corporeo, ecc.

Poiché si giunge all’individuazione certa dei disturbi specifici di apprendimento soltanto dopo i 7 anni, non è dato al momento chiarire quale sia lo spazio esatto che separa la fragilità primaria, dalle sue conseguenze non compensate.
Pertanto, oltre ad agire a posteriori individuando gli strumenti compensativi e dispensativi necessari ed opportuni, si deve agire a priori adottando metodi didattici e percorsi di insegnamento tali da poter fin dalla primissima infanzia sostenere ciascun singolo bambino nella sua specifica condizione, qualunque essa sia.
Se non esiste la possibilità di rimediare alle fragilità o ai deficit, si deve comunque agire sulla riduzione delle loro conseguenze.

La Classificazione internazionale ICD10 (International Statistical Classification of Diseases and Related Health Problems 10th Revision, Version for 2007) dell’Organizzazione mondiale della sanità, registra i disturbi specifici di apprendimento nell’asse F81.

F81 – Disturbi evolutivi specifici delle abilità scolastiche:
Disordini in cui le normali modalità di acquisizione delle competenze sono disturbate fin dai primi stadi di sviluppo. Ciò non in diretta conseguenza di una mancata opportunità di apprendimento, non come risultato di un ritardo mentale e non in conseguenza di alcuna forma di trauma cerebrale o di deficit.

In ambito italiano, nella classificazione generale di Disturbi Evolutivi Specifici di apprendimento si ricomprendono:

  • Disturbo specifico di lettura (Dislessia)
  • Disturbo specifico della scrittura (Disortografia, Disgrafia)
  • Disturbo specifico del calcolo (Discalculia)

Problemi psicologici che possono derivare dai Disturbi Specifici di Apprendimento mal affrontati

A causa della scarsa conoscenza generale dei loro problemi, le persone con DSA vengono spesso considerate sciatte, goffe, trascurate. Da questo tipo di “visione” sociale possono derivare problemi di costruzione dell’identità, con forte senso di disistima e demotivazione, ansia e talvolta depressione dovute all’incomprensione o alle beffe degli altri.
Di conseguenza l’azione della scuola viene sollecitata anche in termini di corretta costruzione delle relazioni interpersonali, del rispetto di tutte le differenze, di integrazione culturale e sociale, della dignità e del rispetto di ciascuna persona, di vigilanza su comportamenti ed atteggiamenti aggressivi, derisori, minacciosi, di dileggio, di emarginazione.
Più facilmente di altre, le persone in situazione di difficoltà o di handicap possono diventare vittime di abusi di ogni genere, essere perseguitate e derise senza potersi difendere.

Va inoltre sottolineato che la ripetuta esperienza di insuccesso che gli allievi con DSA sperimentano costituisce di per sé un elemento demotivante nei confronti dell’attività scolastica e “destrutturante” in termini di identità personale.

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Bibliografia

  • Disturbi specifici di apprendimento: successo scolastico e strategie didattiche. Suggerimenti operativi, Ministero dell’Istruzione dell’Università e della Ricerca.

Parliamo di iperattività

Spesso accade che gli insegnanti si lamentino della situazione di classe, presentando bambini e ragazzi con difficoltà a prestare attenzione e che sembrano incapaci di autocontrollarsi.
Alcuni autori considerano le manifestazioni iperattive come una difficoltà specifica nel controllo dello spazio intorno a sé. Apparentemente, questi bambini sanno benissimo come appropriarsi dell’ambiente circostante e infatti non c’è luogo che essi non invadono.
In realtà tale comportamento sembra un tentativo di controllare sentimenti di ansia e depressione, a seguito del mancato apprendimento spaziale. Le ragioni di tale carenza possono essere le più svariate: può accadere che le responsabilità del comportamento inadeguato del bambino sia uno stile educativo genitoriale troppo permissivo e trascurante o al contrario autoritario, mentre in altri casi la vivacità temperamentale di alcuni ragazzi può risultare mal contenuta a scuola ma non a casa.
Al di là delle strategie che gli stessi insegnanti possono adottare a scuola, cosa possono fare i genitori?
Innanzitutto stabilire delle regole condivise con il bambino stesso, contenenti indicazioni concrete sul comportamento da tenere, discutendo con lui cosa accadrebbe nel caso le trasgredisse.
In secondo luogo stabilire delle routine, poiché sapere in quale giorno della settimana e ora si svolgeranno le diverse attività (che possono andare dal pranzo, alla cena, al dormire) dà sicurezza al bambino iperattivo.
Non di rado i genitori si possono sentire impotenti nel controllo del comportamento del figlio. E’ opportuno evitare atteggiamenti ansiosi, poco fiduciosi, nonché esternalizzazioni impulsive della proprio rabbia; risulta importante invece individuare e riconoscere i punti di forza dei ragazzi, poiché questo permette di accrescere la loro autostima.
I genitori dovrebbero analizzare anche il comportamento del bambino alla luce del contesto familiare: ad esempio se ultimamente l’atteggiamento del bambino e/o ragazzo si è accentuato è importante chiedersi se sono accaduti episodi che possono aver influito ed esacerbato il problema.