Questo articolo è dedicato alle pazienti che rivolgendosi a me per risolvere talune problematiche, si sono imbattute a ripercorrere la loro storia da figlie, nonché il rapporto difficile col proprio padre.
Lo dedico inoltre a tutte le potenziali lettrici che hanno sofferto o soffrono tuttora per delle mancanze nella loro relazione di padre e figlia.
C’è sempre nel cuore di una figlia un posto per il padre ed è questo che ne rende così esaltante la presenza e dolorosa l’assenza.
Ma c’è anche nel padre un amore particolare per la sua bambina perché, al di là dell’affetto e della tenerezza che suscita, lei rappresenta quel territorio enigmatico e sconosciuto che è la femminilità.
Padri e figlie sono sempre esistiti, ma di recente il loro rapporto sembra aver trovato un nuovo slancio e una maggiore complessità.
Il padre oggi è diventato, molto più che in passato, un protagonista della scena familiare.
Il suo ruolo, un tempo prevalentemente normativo, si va trasformando.
La paternità (come del resto la maternità) corre su binari diversi, a seconda che il figlio sia un maschio o una femmina.
E’ una verità ovvia, sostenuta da luoghi comuni antichissimi. Da sempre si parla di legami privilegiati tra figli e genitori di sesso diverso.
Preoccupati dal timore di apparire parziali, e quindi ingiusti, i padri e le madri giurano spesso di amare tutti i figli allo stesso modo e con uguale intensità. Mentono. Persino a se stessi.
Confrontarsi con un maschio o con una femmina non è la stessa cosa. Tra i due rapporti esiste, per ognuno di noi, una differenza che non va confusa con altre diversità (amore e disamore, superiorità e inferiorità). E’ una differenza a sé, presente sin da quando ha inizio il rapporto emotivo tra genitori e figli.
Le madri sono il primo oggetto d’amore per ogni bambino; per questo la maggior parte di esse ha la sicurezza, più o meno fondata, che il distacco dalla loro creatura non sarà mai completo.
Nell’amore materno il figlio si “imbatte”ancora prima di nascere.
È un elemento naturale dentro cui si immerge, attingendone a piene mani.
L’amore paterno è diverso: non è un dato acquisito una volta per tutte, è un processo che cresce, si costruisce e si trasforma negli anni.
Via via che la figlia cresce, e da bambina diventa donna, il padre va incontro a nuovi problemi, a nuovi turbamenti.
Certo anche il maschio si trasforma, crescendo, ma si tratta di passaggi meno”inquietanti”, che il padre conosce per averli vissuti direttamente.
Il sentimento paterno verso il figlio è di solito versatile e concreto, quello verso la figlia fragile e insicuro.
In un padre che non riesce a trasmettere il proprio amore alla figlia non ci sono sempre insensibilità ed egoismo; più spesso si tratta di una sorta di analfabetismo affettivo, dovuto al severo controllo delle emozioni al quale l’uomo viene abituato fin da piccolo.
Ma le figlie si confrontano con questo tipo di padre molto prima di disporre degli strumenti per capire che, dietro a quei silenzi, più che l’indifferenza e disamore c’è l’incapacità di riconoscere e manifestare i propri sentimenti, e crescono portandosi dentro quell’originaria ferita.
Le figlie che si sono sentite respinte o poco amate da padri emotivamente distanti accumulano un fortissimo bisogno di risarcimento affettivo.
Più sono ampi i vuoti lasciati dal padre, maggiore è lo spazio che le figlie hanno a disposizione per costruire l’uomo dei sogni.
I cambiamenti culturali degli ultimi decenni hanno permesso a molti uomini di vivere una paternità più calda e partecipe di quella ereditata dai loro padri. Forse i padri egoisti, ottusi e anaffettivi fra qualche tempo ci appariranno un retaggio del passato.
Già oggi questo stereotipo è in gran parte caduto, ma resta, più o meno sotterranea, l’idea che l’amore paterno sia secondario per i figli rispetto a quello della madre.
Quell’assenza di emozioni, quell’indifferenza che fa tanto soffrire le donne è certamente il risultato del carattere e della sensibilità dei singoli, ma anche una sorta di decreto culturale che stenta a ridare ai padri ciò che è dei padri.
E’ per questo che l’assenza o la presenza paterna nella vita di una figlia è una condizione di base per il formarsi della sua personalità.
“Un padre occorre” ha scritto Bernard Muldworf, “non solo perché un figlio nasca dal ventre di una donna, ma anche perché un essere umano possa svilupparsi in tutte le sue virtualità. Ci vuole un padre perché un uomo diventi uomo e una donna diventi donna”.
Bibliografia
- Gianna Schelotto, Ti ricordi, papà? Padri e figlie, un rapporto enigmatico, ed.Mondadori.