Quante coppie

In questo articolo riporterò alcune tipologie di coppie disfunzionali, traendo spunto dal libro di Willy Pasini “A che cosa serve la coppia”.
Le tipologie di coppie sono svariate e questo non vuole essere di certo un articolo per ridurre la coppia a delle semplici “etichette”, ma viene scritto sempre con la consapevolezza di poter dare spunti di riflessione a chi lo legge.

Pasini parla di Amore come possesso reciproco.
In queste coppie il piacere di controllare si trasforma in gusto del potere e in conflitti il cui unico obiettivo è non darla vinta all’altro.
Ogni pretesto è buono. L’attività del partner o il suo essere passivo. La sua autonomia o la sua dipendenza. L’ostinazione o l’arrendevolezza, l’amore dell’ordine o la trasandatezza.
In tali coppie, il partner dominante assume di solito atteggiamenti dispotici.
Non solo pretende fedeltà assoluta, ma vorrebbe pure che questa fosse una decisione spontanea dell’altro: insomma ambisce al controllo non solo dei comportamenti, ma anche della mente dell’altro.
Il partner passivo sopporta tutto, ben contento di poter delegare all’altro tutte le decisioni e di vivere sotto la sua protezione. Si tratta però di un meccanismo di potere: la resistenza passiva è solo il modo migliore per dominare il compagno, lasciandosi apparentemente dominare.
In situazioni di ordinaria quotidianità, basta poco per dare inizio all’escalation del litigio.
Lui, per esempio, sarebbe disponibile a preparare la colazione ogni tanto, ma non sopporta che sia la moglie a ordinarglielo.
Dominare per non essere dominati è il pensiero fisso di queste coppie, in cui nessuno prende l’iniziativa perché teme che l’altro possa interpretare il suo approccio come un segno di debolezza e sfruttarlo per avanzare pretese.

Continua parlando di Amore come nutrimento reciproco.
Immaginiamo i partner come madre e figlio: l’una deve continuamente accudire l’altro nei suoi inesauribili bisogni.
Lei trae piacere dal ritorno alla calma del bimbo dopo la poppata, lui dal nutrimento che riceve.
All’interno di questa coppia recita la parte del poppante chi non riesce ad identificarsi nel ruolo materno perché troppe sono le frustrazioni che ha vissuto con la sua vera madre: le funzioni materne che vengono rifiutate sono trasferite sul partner, che deve quindi corrispondere a un’immagine ideale di madre gratificante.

Vi è poi l’Amore inteso come dovere.
Generalmente in queste coppie i due si incontrano per infelicità.
La donna cerca aiuto, secondo un copione che si ripete sempre uguale. L’uomo è stato convinto dalla famiglia a mettere la testa a posto. Lei non è innamorata, ma si sposa pensando che prima o poi arriverà anche l’amore. Lui aspira solo a consolarla, attività che lo condanna a un continuo senso di frustrazione perché, nonostante tutti i suoi tentativi, la compagna non riemerge dal suo stato di insoddisfazione cronica. Quando però è lui che chiede aiuto, perché si è ammalato oppure a causa di difficoltà professionali, lei lo respinge: non vuole e non può dedicare al marito alcuna attenzione materna.

Pasini parla anche di Amore come fusione, parlando di coppia narcisistica.
Dirà di narcisisti è pieno il mondo, li riconosci perché fin dal primo incontro ti fanno sapere tutto di loro, i narcisisti dipendono dall’ammirazione altrui ed è per questo che amano circondarsi di persone la cui unica funzione è riflettere l’immagine di sé come protagonisti.
I narcisisti non riescono a concepire l’altro come individuo autonomo, ma solo come veicolo per un’ulteriore conferma del proprio sé.
Lascio immaginare i risvolti che questo può comportare in una coppia nella quale dall’Io si passa al Noi.

E voi vi siete ritrovati in qualche coppia descritta? Se non vi siete rivisti, come definireste la vostra coppia?
Vi rimando a questi altri articoli dove potrete trovare ulteriori spunti di riflessione Le disfunzioni sessuali nella dinamica di coppia e La coppia diventa famiglia.

Dott.ssa Alice Nucci

Il ciclo vitale della coppia e della famiglia

La famiglia è un sistema vivente, il cui sviluppo avviene per “stadi” all’interno della dimensione tempo: essa passa attraverso una serie di “epoche”, ognuna consiste in un “periodo di transizione”.

Durante le transizioni si verificano profonde trasformazioni psicologiche e a livello strutturale.
Nel corso del suo ciclo di vita, ogni gruppo familiare passa attraverso una serie di stadi che richiedono dei cambiamenti di ruolo intrafamiliari, dall’altra parte il coinvolgimento dei singoli membri in altri sistemi sociali (scuola, mondo del lavoro etc…) fa si che ogni soggetto di fronte a determinati “passaggi” debba affrontare dei cambiamenti del proprio ruolo, proprio perché tale fase lo richiede.
Secondo J. Haley (1973) quando una famiglia non riesce ad effettuare il cambiamento e si blocca in una certa tappa del ciclo vitale, interrompendone l’evoluzione, nascono i sintomi a carico di uno o più membri della famiglia. L’obiettivo della psicoterapia familiare è allora quello di riattivare una crescita della famiglia, che si evidenzia con il passaggio alla fase successiva di ciclo vitale.

Le autrici Carter e Mc Goldrick hanno elaborato un modello di funzionamento della famiglia normale che implica la considerazione di almeno tre generazioni e che si snoda su due livelli differenti, uno verticale (generazionale) e uno orizzontale, legato agli accadimenti della vita.
In accordo con questo modello, il sintomo o il conflitto che blocca il sistema familiare nel suo percorso evolutivo si colloca quindi nell’intersezione tra gli eventi stressanti verticali (vincoli e difficoltà ereditate dalle generazioni precedenti) ed eventi stressanti orizzontali (legati agli accadimenti della vita).
Talvolta tale intreccio può risultare incrinato, rallentato o ingarbugliato. In tal senso per  un ciclo di vita bloccato risulta terapeutico ri-narrare e ridare un significato più funzionale alla storia vissuta.

Carter e McGoldrick presentano una suddivisione del ciclo di vita in sei stadi: il giovane adulto, la nuova coppia, la famiglia con bambini piccoli, la famiglia con adolescenti, l’allontanamento dei figli, la famiglia in tarda età.

Nella fase precedente la formazione della famiglia, è indispensabile il “distacco emotivo” del giovane dal gruppo di origine e ciò si concretizzerà attraverso la differenziazione e definizione del proprio sé rispetto ai familiari, nell’ambito del lavoro e delle relazioni con i pari.

E’ il periodo in cui si passa dall’adolescenza all’età adulta. Il giovane deve apprendere delle competenze relazionali e utilizzarle nella sua vita sociale, lasciando la base sicura offerta dalla famiglia per affrontare esperienze di studio, lavorative, sentimentali, che comportano un distacco fisico o emotivo dai familiari. Questo processo di distacco è chiamato individuazione; inizia nell’adolescenza e si conclude con il distacco fisico e/o emotivo della persona dalla famiglia.  Per arrivare a questa differenziazione è necessario un movimento disgiuntivo da parte di tutti i membri del sistema, tra i quali avviene la negoziazione delle modalità di distacco. Le famiglie invischiate avranno maggiori difficoltà a negoziare questo distacco perché i vari membri lo sentiranno come una sorta di tradimento.

La fase della coppia

Un lavoro positivo di ristrutturazione, deve portare all’organizzazione del sistema di coppia e si devono “ridefinire” le relazioni con le famiglie estese e con i gruppi di appartenenza dei coniugi o conviventi. Si può verificare che in alcune famiglie, uno o entrambe i membri della coppia non hanno rielaborato in modo costruttivo, il distacco dalla propria famiglia di origine (scarsa differenziazione), per cui risulta limitata la capacità di realizzare un efficace coinvolgimento nel nuovo gruppo familiare e da qui possono sorgere problemi all’interno della nuova coppia.

La nuova coppia dovrà negoziare un considerevole numero di regole relazionali, che non vengono discusse, ma semplicemente agite. Nel mettere in atto il processo di accomodamento reciproco, ognuno dei membri della coppia mette in atto una serie di modelli transazionali appresi dalla propria famiglia d’origine cercando di imporli al partner. Questo produrrà tensioni, ma gradualmente la coppia giungerà a creare modelli transazionali condivisi da entrambi.
Un altro compito molto importante sarà quello di stabilire una giusta distanza emotiva dalle famiglie d’origine, costruendo un nuovo tipo di rapporto con i genitori, i fratelli  e i parenti acquisiti, allo scopo di avere uno spazio in cui sperimentare la propria autonomia di persone adulte.

Nel terzo stadio, quello della famiglia con bambini piccoli, il processo emozionale centrale è l’accettazione di questi come nuovi membri del sistema.
La nascita di un figlio, soprattutto del primogenito, produce nel sistema familiare innumerevoli cambiamenti; nasce infatti il sottosistema genitoriale accanto a quello coniugale già esistente, mentre nelle famiglie d’origine dei neo-genitori si creano i ruoli di nonni e di zii. Molti accordi stabiliti nel primo periodo del matrimonio devono essere rivisti e subiscono cambiamenti, così come i modelli transazionali messi a punto in precedenza, in virtù del fatto che da uno schema relazionale a due si passa ad una triade.
Con la nascita di un bambino si passa dallo stato di figli a quello di genitori, con un’ulteriore maturazione psicologica della coppia genitoriale; tuttavia in questo periodo problemi pratici ed organizzativi fanno sì che la giovane coppia sia piuttosto coinvolta con le rispettive famiglie d’origine. Ciò può provocare ingerenze da parte degli altri nell’educazione del figlio.
La stessa educazione della prole può essere causa di conflitto tra i genitori, i quali possono avere stili educativi differenti, più o meno permissivi.

Nella famiglia con adolescenti, deve essere aumentata la flessibilità dei confini all’interno della famiglia, per permettere l’indipendenza dei giovani. Se ciò avviene, l’adolescente si sentirà libero di entrare e uscire dal sistema famiglia senza nessun tipo di condizionamento o di costrizione.
Uno dei momenti critici del periodo centrale del matrimonio è l’ingresso dei figli a scuola, per due ragioni: I° perché eventuali discrepanze nello stile educativo dei due genitori più facilmente diventano evidenti, in un contesto nel quale se ne può valutare l’effetto; II° perché l’ingresso del bambino a scuola rappresenta la prima esperienza di uscita del bambino dal nucleo familiare e i suoi genitori cominciano a fare esperienza del fatto che mano a mano che il figlio cresce, sempre più si allontanerà dai genitori e i due coniugi resteranno soli, uno di fronte all’altro.
In questo periodo del ciclo vitale della famiglia non ci sono cambiamenti nella composizione, tuttavia i cambiamenti strutturali sono causati dal fatto che i figli crescono e si verifica un lento e progressivo svincolo dalle figure genitoriali. La crisi adolescenziale può essere vista come una lotta tra genitori e figli per mantenere le vecchie posizioni gerarchiche all’interno del sistema familiare, a fronte di richieste di crescita e di cambiamento da parte dell’adolescente.

Con i figli adulti, il processo emozionale centrale sarà l’accettazione di un numero sempre maggiore di movimenti in uscita da e di entrata nel sistema: in pratica ciò comporterà nuovi interessi entro il sottosistema coniugale degli adulti, lo sviluppo di relazioni alla pari tra genitori e figli adulti e la ridefinizione di relazioni per includere nipoti e generi/nuore.

Il movimento di emancipazione dalla famiglia d’origine deve essere incoraggiato dai genitori i quali devono inviare messaggi incentivanti e di stima, comunicando al figlio che è pronto per farcela.
La ragione per la quale il passaggio a questa fase può essere difficoltoso sta nel fatto che spesso la coppia dà più spazio agli aspetti genitoriali della relazione, rispetto agli aspetti coniugali. Perciò in genere il matrimonio entra in una crisi che progressivamente si dissolve, mano a mano che i due coniugi risolvono i loro conflitti e trovano un nuovo modo di essere coppia, permettendo al figlio di avere il proprio partner e la propria professione.

Il momento del pensionamento e della vecchiaia. Il pensionamento produce dei cambiamenti nella struttura familiare dal momento che la persona, concludendo la sua vita lavorativa, si ritrova a vivere la più rilevante parte del tempo in famiglia, coinvolgendosi maggiormente all’interno della famiglia. Dal momento che si conclude la vita lavorativa dell’individuo, il periodo del pensionamento è spesso connotato da tristezza, sentimenti depressivi, senso di inutilità legato alla mancanza di produttività. Allora accade talvolta che una persona della famiglia sviluppi una sofferenza psichica, dando modo al pensionato di occuparsene e di farlo sentire utile.
Ad un certo punto della vita uno dei due coniugi rimarrà vedovo e dovrà rientrare in famiglia, dove le generazioni più giovani si prenderanno cura di lui. Anche questo può essere un momento di crisi che può indurre la famiglia a ricoverare l’anziano in un istituto.

Riguardo alle fasi del ciclo vitale sopra descritte è indispensabile avere la flessibilità di cambiare i ruoli dei singoli membri e la flessibilità di cambiare la “struttura” della famiglia per arrivare ad un nuovo equilibrio che sappia fare fronte davanti al “cambiamento” (Minuchin, Famiglie e Terapia della Famiglia).

Quando questo non avviene, il terapeuta può aiutare i membri a rinegoziare il quid pro quo a ogni passaggio, da una fase del ciclo vitale a un’altra.
La psicoterapia  ha come scopo quello di capire, con l’aiuto del terapeuta, come la storia delle relazioni possa aver portato ad una situazione di impasse, di sofferenza ed eventualmente alla presenza di un sintomo in uno dei suoi membri.
Con la terapia si favorisce la possibilità di trovare nuove e più funzionali modalità di ascolto reciproco e di espressione dei bisogni personali. L’intervento terapeutico ha come scopo, sia la soluzione del problema, o del conflitto, presentato dalla famiglia, che il benessere psicofisico di ciascun suo membro, favorendo un incremento della differenziazione del sé rispetto agli altri.

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Bibliografia

  • Andolfi M., La crisi della coppia, Cortina, Milano, 1999.
  • Minuchin S., Famiglie e Terapia della Famiglia, 1977.